Al fine di conservare la fertilità il carcinoma microinvasivo (stadio FIGO IA1) può essere trattato con una conizzazione della cervice uterina con margini di resezione sufficientemente ampi.
Nelle pazienti giovani, in età fertile, con carcinoma squamoso o adenocarcinoma o adenosquamoso limitato al collo dell’utero (stadio FIGO IA2-IB1), si può proporre un intervento “fertility-sparing” ovvero un intervento che permetta di conservare l’utero e la possibilità in futuro di avere figli, la trachelectomia allargata radicale.
La trachelectomia va preceduta da linfodenectomia pelvica per escludere casi a linfonodi positivi. La valutazione dello stato linfonodale è il primo passo da effettuare per selezionare adeguatamente tutte quelle pazienti che possono essere candidate, laddove motivate, al trattamento conservativo del tumore della cervice uterina.
E’ stato stimato che solo il circa il 50 % delle donne con diagnosi di carcinoma della cervice con età inferiore a 40 anni sia candidato all’intervento di trachelectomia (asportazione del collo uterino). Questo succede, purtroppo per grande disinformazione di alcuni ginecologi curanti e per la persistenza della vecchia concezione che fa credere che un intervento più demolitivo sia più efficace. In realtà, questo non corrisponde assolutamente al vero.
La trachelectomia radicale è un intervento complesso, eseguibile solo in centri con adeguata preparazione di ginecologia oncologica. I rischi di un’eventuale gravidanza dopo questo intervento sono legati alla possibilità di un parto prematuro e rendono necessario dover eseguire un cerchiaggio istmico contenitivo ed espletare il parto mediante taglio cesareo.
La Dott.ssa Raffaella Enria vanta di una lunga esperienza in questo tipo di metodica nata nel periodo di lavoro a Lione in Francia con il Prof Dargent, l’inventore di tale metodica. Tale esperienza è stata pubblicata su riviste scientifiche internazionali.